Quando il costo della riparazione supera il valore commerciale dell’auto, si applica il risarcimento del danno per equivalente, rappresentato cioè dal valore di mercato del veicolo.
In materia di infortunistica stradale, la giurisprudenza ha affermato più volte il principio secondo cui quando la spesa necessaria alla riparazione dell’auto incidentata è superiore al valore residuo del mezzo, è quest’ultimo che deve prevalere, costituendo un limite al risarcimento.
Tanto per fare un esempio, se prima dell’incidente il veicolo valeva 2.000 euro e il costo di riparazione è di 3.000 euro, la somma che l’assicurazione dovrà liquidare è quella più bassa.
Applicando alla lettera questo principio, si arriverebbe ad un paradosso: il proprietario di un’auto con valore ormai pari a zero non avrà diritto ad alcun indennizzo.
La risposta della Cassazione con una recente sentenza.
Ferma restando la regola secondo cui l’automobilista non può certo trarre un lucro dall’incidente stradale, avvantaggiandosi più del danno subito, non gli si può neanche negare il sacrosanto diritto al risarcimento.
Ed è proprio sulla scorta di questa considerazione che la Suprema Corte ha detto che il danno procurato all’auto va risarcito anche se il mezzo immatricolato numerosi anni prima ha un valore commerciale pari a zero.
Di certo non si potrà pretendere che il veicolo sia riportato “a nuovo”, ma non si può neanche lasciare il semplice rottame al proprietario che, a causa del sinistro, non potrebbe altrimenti più circolare.
Sicuramente si tratta di un principio assai importante, che segnerà il corso delle prossime sentenze in materia di incidenti stradali.
Cosa ne pensano le Compagnie di Assicurazioni?
Dicevamo che il principio a cui si sono sino ad oggi attenuti i giudici è quello secondo cui, in caso di divergenza tra il valore residuo del mezzo e l’ammontare del risarcimento, prevale il primo solo se inferiore al secondo.
Tuttavia, quando la differenza tra i due importi è minima, l’assicurazione viene incontro al proprio cliente, riconoscendogli un surplus per il “fermo tecnico” del veicolo (ossia il tempo in cui l’auto non ha potuto circolare perché chiusa in officina per le riparazioni) o per le spese di immatricolazione di un nuovo mezzo.
Se il divario tra le due misure è troppo elevato?
Sarà il giudice a valutare qual è l’ammontare corretto del risarcimento da riconoscere all’automobilista a seguito di un incidente stradale.
Quest’ultimo dovrà optare per una delle seguenti possibilità:
riconoscere il risarcimento per equivalente, in base cioè al valore del veicolo;
oppure riconoscere il risarcimento in forma specifica, in base cioè al costo della riparazione.
Risarcimento danno per equivalente:
Il risarcimento per equivalente diventa necessario tutte le volte in cui le spese per la riparazione sono molto più elevate rispetto al valore di mercato (secondo i listini dei giornali specializzati) che aveva la macchina prima del sinistro, tanto cioè da determinare un arricchimento per il danneggiato.
Risarcimento danno in forma specifica:
Viceversa, se non vi è un’apprezzabile differenza, il giudice può anche optare per il risarcimento in forma specifica, accordando un indennizzo pari alle spese necessarie al ripristino del veicolo.
Per rimanere sempre aggiornato vai alla pagina: