Il 28 febbraio 2023 entra in vigore la riforma del processo civile, dopo l’anticipazione decisa nell’ultima legge di bilancio.
Di cosa si tratta?
Si tratta di una delle riforme abilitanti per il "Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza", con l’obiettivo di ridurre del 40% in cinque anni la durata dei processi, abbattere l’arretrato e razionalizzare i diversi modelli processuali.
Una riforma di sistema, necessaria per rispettare gli impegni con l’Europa e andare incontro alle esigenze di cittadini e imprese.
Cosa cambia nello specifico?
Le innovazioni sono accompagnate da:
Assunzioni di personale amministrativo (5mila unità programmate nel 2023), oltre al futuro ingresso di altri 8mila addetti dell’Ufficio per il processo, come stabilito nel P.N.R.R.;
Tre nuovi concorsi in magistratura previsti per l’anno in corso (due dei quali anche con l’uso dei pc, per velocizzare le correzioni delle prove);
Un’accelerazione sulla digitalizzazione (oltre 200 i progetti destinati agli uffici giudiziari nei prossimi anni) e significativi investimenti sull’edilizia (326 al momento i cantieri aperti in tutt’Italia, per un investimento di oltre 50 milioni).
Quando entra in vigore?
Dopo l’entrata in vigore già il 1 gennaio 2023 del rinvio pregiudiziale in Cassazione, della riforma del giudizio in Cassazione e delle modalità alternative di tenuta delle udienze civili, diventano ora operativi tra l’altro:
Il nuovo rito ordinario;
Una valorizzazione delle forme di giustizia alternativa (mediazione, negoziazione assistita, arbitrato) il rito semplificato;
Una semplificazione per i giudizi in materia di lavoro; le modifiche sulla volontaria giurisdizione;
Il rito unico per i procedimenti di famiglia (con la possibilità di presentare domanda di separazione giudiziale e contestualmente di divorzio);
Le nuove competenze per i giudici di pace.
Rimane invece al 2024 l'istituzione del Tribunale per le persone, i minorenni e per la famiglia.
Un taglio ai costi
Una giustizia poco efficiente e non rispettosa del principio costituzionale della ragionevole durata dei processi – ha più volte ricordato il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio – costa all’Italia circa 1,5/2 punti di Pil
Dal 2015 al 2022, tra indennizzi e spese previsti dalla legge Pinto (per i risarcimenti per l’eccessiva durata dei processi), lo Stato ha speso oltre 781 milioni di euro.