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Doppio Risarcimento, Assicurazione Infortuni.

L'infortunato non può mai cumulare il risarcimento integrale e l'indennizzo a lui dovuto dalla polizza infortuni.



- La polizza Assicurativa Privata

Può capitare che a seguito di un sinistro stradale, la parte lesa abbia diritto contestualmente ad un risarcimento del danno fisico (secondo quanto previsto dalla regola generale dell’art. 2043 c.c., che obbliga chi cagiona un danno a risarcire) e ad un indennizzo, in quanto a suo tempo, la parte lesa, aveva anche stipulato una polizza assicurativa privata che determina in caso di infortunio il diritto di ottenere un indennizzo, in ossequio ai massimali sottoscritti.

A titolo esemplificativo, pensiamo a tutti quei liberi professionisti, titolati di partita iva, (architetti, medici, avvocati..) che tendono a sottoscrivere una polizza infortuni personale proprio per tutelarsi, laddove dovessero verificarsi degli eventi “improvvisi e violenti”.

Ci si chiede pertanto, in concreto se tali liberi professionisti dovessero essere coinvolti anche in un sinistro stradale, verrebbero risarciti sia dalla compagnia assicurativa del responsabile civile e sia indennizzati dalla propria polizza infortuni.

In altri termini, alla luce del recente orientamento giurisprudenziale, è lecito o meno il cosiddetto cumulo?

Ad esempio nello specifico, l’architetto avrebbe diritto di ottenere una somma “doppia” in caso di sinistro stradale (ovviamente con ragione piena) equivalente all’importo del risarcimento del danno e all’indennizzo della polizza?


Questa è una questione assai dibattuta sia sui tavoli dei Tribunali sia in fase stragiudiziale con i liquidatori in fase di trattativa delle pratiche RCA e polizze infortuni.


Iniziale orientamento Giurisprudenziale

Per rispondere a tale domanda è necessario ripercorrere sicuramente la giurisprudenza, la quale per molto tempo è sempre stata FAVOREVOLE AL CUMULO.

Nel caso specifico, sopra meglio specificato, l’architetto pertanto, in caso di sinistro ben poteva percepire una somma “doppia” data dal cumulo del risarcimento e dell’indennizzo.

S’appalesa corretto infatti non compensare i due crediti in quanto RISARCIMENTO E INDENNIZZO hanno origini diverse: chi subisce un incidente ha quindi, diritto ad ottenere sia il risarcimento che l’indennizzo.

Il risarcimento invero, ha natura extracontrattuale sancito dall’art. 2043 c.c. , del quale risponde la compagnia assicurativa in nome e per conto del responsabile civile.

Mentre l’indennizzo trae origine da un rapporto di natura contrattuale il cui credito sarebbe vantato nei confronti della compagnia stessa.

L’assicurato infatti, paga un premio annuale anche a volte molto elevato, in base ai massimali prescelti, affinché la stessa compagnia si impegni a riconoscere una determinata somma al verificarsi dell’evento lesivo.

Alla luce pertanto della diversa natura dei due crediti e di tale orientamento, è pacifico ritenere la Cumulabilità di RISARCIMENTO E INDENNIZZO.


-L'orientamento Recente

Tuttavia, in base ad un’altra linea interpretativa, peraltro minoritaria, che la Cassazione ha fatto propria con la sentenza n. 13233 del 2014 e la n. 7349 del 2015, il cumulo non sarebbe possibile.

In ossequio a tale orientamento, il riconoscimento di un indennizzo presuppone l’esistenza di un danno, ma se c’è già stato il risarcimento, il danno non esiste più ed allora il credito indennitario si estingue, e viceversa.

A seguito di tale orientamento, molte compagnie assicurative, in sede liquidativa tendono a negare il cumulo.

Ma tornando all’esempio di prima, l’architetto che ha stipulato la polizza e si vede rifiutare il doppio ristoro in caso di sinistro, cosa potrebbe fare?

Sotto un primo assorbente profilo, dovrebbe vagliare attentamente il contratto sottoscritto in illo tempore:

Era stato correttamente informato al momento della sottoscrizione del contratto in merito a tale impossibilità di cumulare risarcimento e indennizzo?

E’ necessario anche con l’ausilio di un legale esperto in contrattualistica vagliare le singole clausole del contratto ed eventualmente rivalersi nei confronti dell’assicuratore.


- Cosa avviene dopo l’intervento delle Sezioni Unite

( 22 maggio 2018, n. 12565n. 5119)

Dopo svariati anni, è intervenuta la pronuncia delle Sezioni Unite che scioglie la questione sulla cosiddetta cumulabilità in senso favorevole agli assicuratori.

Si riprende una parte eloquente di tale pronuncia ove si legge:

“il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall’ammontare del danno risarcibile l’importo dell’indennità assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato – assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto”.

Il paradosso è che a tale decisione, la Suprema Corte ci arriva dopo addirittura un cinquantennio di uniformità giurisprudenziale.

Le Sezioni Unite, in tale eloquente pronuncia, afferma che deve aversi riguardo, nella valutazione della cumulabilità delle prestazioni, non dei titoli, bensì del bene della vita garantito.

L’indennità è erogata in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dall’assicurato in conseguenza del verificarsi dell’evento dannoso ed essa soddisfa, neutralizzandola in tutto o in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo autore del fatto illecito” ravvisandosi, così, nella percezione dell’indennità assicurativa un’ipotesi di cd. “compensatio lucri cum damno”.

In altri termini, l’assicurazione contro gli infortuni non mortali costituisce un’assicurazione contro i danni ed è soggetta al principio indennitario, in virtù del quale l’indennizzo non può mai eccedere il danno effettivamente patito, sicché

“il risarcimento dovuto alla vittima di lesioni personali deve essere diminuito dell’importo percepito a titolo di indennizzo da parte del proprio assicuratore privato contro gli infortuni”


- Conclusioni

Resta indubbio che tale sentenza sta creando non poche criticità.

In particolare, ci si chiede in quali termini debba essere effettuato il cumulo, in quanto, com'è noto, le assicurazioni contro gli infortuni non mortali, definiscono il rischio assicurato in modo non omogeneo.

Alcuni contratti fanno generico riferimento alla “invalidità”; altri alla “generica capacità di attendere ad un’attività lavorativa”.

Orbene, affinché operi il principio della compensatio lucri cum damno, è necessario che l’indennizzo dovuto dall’assicuratore vada a coprire il medesimo pregiudizio del quale il danneggiato intenda chiedere il risarcimento al terzo responsabile.


Così, per fare un esempio, se la polizza dell’architetto prevede un indennizzo nel caso di danno biologico, l’assicurato non potrà pretendere il risarcimento del danno biologico dal responsabile; ma potrà ovviamente chiedere il risarcimento del danno patrimoniale da perdita della capacità di lavoro.

Per converso, se la polizza prevede un indennizzo nel caso di permanente inabilità al lavoro, l’assicurato non potrà pretendere dal responsabile il risarcimento del danno da incapacità lavorativa, ma potrà certamente chiedergli il risarcimento del danno biologico.


La conseguenza è che il responsabile di un fatto illecito non potrà rifiutare il risarcimento semplicemente eccependo che il danneggiato ha già percepito un indennizzo dal proprio assicuratore, ma dovrà allegare e dimostrare che quell’indennizzo è stato pagato per ristorare esattamente lo stesso tipo di pregiudizio del quale il danneggiato ha chiesto il risarcimento al terzo.

Naturalmente lo stabilire quale tipo di danno l’assicuratore contro gli infortuni si sia obbligato ad indennizzare, dinanzi a clausole ambigue, è questione che va risolta interpretando il contratto alla luce dei criteri legali di ermeneutica di cui agli articoli 1362-1371 c.p.c..


- Il tutto si traduce in una questione di natura eminentemente interpretativa!

Peraltro, non v’è chi non veda come le assicurazioni contro gli infortuni, prevedono spesso anche il pagamento di cosiddette “diaria” per ogni giorno di ricovero dell’assicurato.

Come dovrà avvenire il cumulo in questo caso?

Ancora una volta la questione dovrà essere interpretata!

Si tratterà di stabilire se tale somma di denaro venga erogata dall’assicuratore a titolo di ristoro di un pregiudizio patrimoniale (anche presunto) o non patrimoniale, ed anche in tal caso dovrà valere la regola generale per cui se la diaria è totalmente sganciata dal reddito della vittima, deve ritenersi erogata a titolo di indennizzo di un danno non patrimoniale, e segnatamente del danno biologico temporaneo.

Di fatto, oggi molti liquidatori e organi giudicanti si stanno uniformando a tale orientamento, con molte discussioni in punto di interpretatio.

Non resta pertanto, che attendere un’interpretazione ad hoc che possa alleggerire questo scenario.




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