Subire un incidente è più di un trauma: oltre al dolore patito potrebbe capitare di vedersi impedite per sempre tutte quelle attività che si svolgevano nel quotidiano, comprese le discipline sportive.
Il tempo libero, oggi, trova riscontro positivo all’interno della Costituzione perché ognuno di noi ha il diritto di svolgere tutte quelle attività che, in un modo o nell’altro, ci appagano. C’è chi si dedica al ballo, chi allo sport a livello agonistico e chi preferisce passeggiare nel mezzo della natura alla scoperta di paesaggi incontaminati. Molte persone fanno delle attività ricreative un vero e proprio lavoro: si pensi agli atleti che partecipano alle competizioni, a chi organizza escursioni di gruppo, alle guide alpine e agli insegnanti di nuoto. Che sia per lavoro o per svago, gli hobby, le attività ricreative e gli interessi personali meritano tutela da parte della legge e, come tali, possono essere valutati per la richiesta di risarcimento danni. Un ballerino che non può più ballare a causa di un infortunio perde un qualcosa che appartiene alla sua vita così come un corridore che non può partecipare ad una maratona, o un nuotatore che non potrà toccare piscina. Per l’ordinamento giuridico tutto questo ha un nome: “perdita di chance”, ed il giudice può riconoscere danni patrimoniali, biologici ed esistenziali con risarcimenti anche a più zeri. Ciascuna situazione è un caso a parte da valutare singolarmente, ma ci si chiede in merito al risarcimento per incidente: in questo caso è maggiore per chi pratica sport?
Che cos’è il risarcimento per perdita di chance Tutti noi sappiamo cosa sia il risarcimento danni: è una pretesa riconosciuta da un giudice a seguito di una condotta illecita posta in essere da un’altra persona. Quando subiamo una lesione in riferimento ad un nostro diritto la prima cosa a cui pensiamo è la spesa che dobbiamo affrontare per tutelarci. Si pensi ad un sinistro stradale ed ai costi da supportare per riparare l’auto danneggiata, oppure ad un vetro rotto a causa di una pallonata. A livello di salute possiamo immaginare quella persona che deve sottoporsi a fisioterapia perché ha subìto un’operazione ad un arto, ma anche a quel soggetto che sborsa dei soldi per fare degli accertamenti (radiografie, analisi, ecc.). In tutti quei casi in cui dobbiamo mettere mano al portafoglio il giudice ci riconoscerà il cosiddetto danno patrimoniale, che sarà valutato in base all’effettiva perdita subita in riferimento ai nostri beni. Nel danno patrimoniale rientrano anche i mancati guadagni che derivano dal danno subìto: se l’auto danneggiata mi serviva per andare a lavoro ed invece sono costretto a rimanere a casa, quel mancato guadagno rientra proprio nel risarcimento per danni patrimoniali.
La nostra vita non è fatta solo di beni materiali (auto, case, soldi, ricchezze), quanto piuttosto di una serie di diritti che ci consentono di diventare persone all’interno della società. Se Tizio è portato per la musica, egli ha tutto il diritto di seguire un corso, di acquistare un pianoforte, di esercitarsi, di suonare alle feste. L’atleta che fin da bambino svolge un’attività sportiva e partecipa ad una serie di competizioni ha il diritto di pensare al proprio futuro, di giungere alle Olimpiadi o ai Campionati Mondiali. Qualora una persona dovesse subire un incidente, e da questo incidente dovesse perdere la possibilità di suonare o di fare sport, siamo nell’ambito della perdita di chance, ossia della mancata possibilità di poter avere opportunità nel futuro. Le opportunità fanno riferimento a tutte quelle occasioni che si potrebbero presentare un domani, o che magari già sono prestabilite, ma non si possono cogliere a causa di qualcun altro. La perdita di chance è soprattutto questo: il non poter fare qualcosa non per colpa nostra, ma per via di un evento, causato da un soggetto diverso, che ci impedirà (temporaneamente o per sempre) di fare quello per cui siamo portati.
Valutare la perdita di chance da parte del giudice non è semplice, poiché ogni fatto è diverso e non sempre si può stabilire con certezza quanto sia effettiva la perdita di opportunità. In alcune situazioni le chance sono concrete, come ad esempio il caso di un atleta in procinto di essere scritturato per le Olimpiadi di Atene del 2004 che, pochi giorni prima dalla selezione, subisce un incidente stradale. Il giudice ha riconosciuto alla vittima proprio la perdita di chance nell’impossibilità di poter partecipare alle Olimpiadi: l’atleta aveva già vinto il Campionato Mondiale di Parigi ed era fra i preferiti della Fidal. La mancata opportunità, assieme ai danni patrimoniali, sono valsi la cifra di 25 mila euro. In alcuni contesti è possibile che la perdita di chance venga affiancata anche al danno biologico o, alternativamente, a quello morale. Fa scuola il caso di un ragazzo che, a seguito di un incidente con un motoscafo, riporta conseguenze molto gravi, fra cui gli attacchi di epilessia. Oltre alla passione per il nuoto, la vittima in questione perde occasioni lavorative e sociali che daranno l’avvio a gravi crisi depressive: il giudice riconosce quindi il c.d. danno esistenziale in virtù dei rapporti fortemente minati a causa dell’epilessia.
Come fa il giudice a valutare la perdita di chance Il giudice, quando riconosce il risarcimento dei danni, valuta una serie di condizioni in riferimento alle lesioni subite dalla vittima. Ogni caso è a sè stante e l’ammontare dei danni potrebbe essere diverso a seconda se si tratti di persone che svolgono come lavoro un’attività sportiva, oppure ritagliano nel tempo libero uno spazio da dedicare agli hobby. Lo sportivo di professione basa il suo reddito principalmente dai proventi che provengono dall’attività praticata. Questi proventi potrebbero derivare:
dai contratti di scritturazione delle società sportive (si pensi alle associazioni di calcio); dagli sponsor (l’azienda sceglie l’atleta in quanto ha un’immagine di impatto positivo sui consumatori); dalla vittoria di una o più competizioni (chi vince una gara può ricevere un premio in soldi). Se un’incidente preclude al professionista la possibilità di lavorare svolgendo dello sport, non solo subisce un danno morale e/o esistenziale (chi fa sport è appassionato per quella disciplina), quanto piuttosto patrimoniale (rimanendo fermo non potrà vincere una gara, essere scritturato da una società o partecipare ad una campagna pubblicitaria). Nell’ambito della legge queste preclusioni assumono il nome di lucro cessante, che consistono in tutte quelle prospettive future che potevano essere scelte dall’atleta ma alle quali, a causa di un comportamento illecito di un’altra persona, deve obbligatoriamente rinunciare. Il giudice, in sede processuale, non solo valuta la lesione economica subita dalla vittima, ma soprattutto il danno non patrimoniale conseguente alla rinuncia. Il giocatore di basket che, dopo un infortunio durante gli allenamenti (causato dalla negligenza di chi doveva custodire il campo da gioco), non garantisce le medesime prestazioni di un tempo, subisce un danno non patrimoniale . Il perché è facile da intuire: il trauma subito e la lunga degenza possono essere così pesanti da avere ripercussioni negative sul modo di giocare.
Anche chi fa sport nel tempo libero non rimane privo di risarcimento, solo che la valutazione potrebbe ricomprendere elementi differenti rispetto al professionista. Una persona che pratica ballo come svago può ottenere un risarcimento se tale consuetudine le verrà preclusa a causa di un qualsiasi incidente. Però, in questo ambito, il risarcimento spetta nel momento in cui il danno esistenziale (l’impossibilità di ballare) abbia una certa rilevanza per la persona che subisce la lesione: pensiamo a tutti quei ragazzi che trovano nel ballo una forma di espressione del proprio modo di vivere, nonché la soluzione all’isolamento sociale. Essere privati di un’attività simile significa molto, soprattutto per chi fa sport per rilassarsi dopo il lavoro. Addirittura un giudice può riconoscere nel danno per un incidente anche una lesione al diritto alla salute poiché ogni attività sportiva, se esercitata regolarmente, garantisce benefici per il corpo e per la mente.
La valutazione della perdita di chance, del danno morale e di quello esistenziale avviene secondo dei parametri. Può capitare che il giudice riconosca il risarcimento in via equitativa attenendosi a quanto è stato chiesto dalla vittima, oppure in maniera proporzionale a ciò che è stato stabilito per il danno biologico. Per la determinazione dell’ammontare del risarcimento ci si potrebbe basare su quello che dice il Codice delle Assicurazioni, ma anche allontanarsi dalle pronunce di altri giudici e definire un compenso molto elevato. Un giudice di Torino ha riconosciuto una somma pari a 48 mila euro nei confronti di una vittima di incidente stradale, giustificando l’importo come la sofferenza che deve sopportare la persona nell’essere consapevole di rimanere inabile per il resto della sua vita.
Cosa si intende per danno biologico, danno esistenziale e danno non patrimoniale Posto che il danno patrimoniale consiste in una diminuzione della propria ricchezza, sia presente che futura, il danno non patrimoniale annovera quelle lesioni che non riguardano i nostri beni materiali, mobili o immobili. Il danno non patrimoniale non è la diminuzione della nostra ricchezza, ma ha a che fare con alcuni nostri interessi che l’ordinamento giuridico reputa meritevoli di tutela. Il fatto di non poter più praticare uno sport come passatempo è un danno non patrimoniale, perché l’inabilità conseguente all’incidente non ci ha resi più poveri. Al danno non patrimoniale fanno seguito il danno biologico, il danno esistenziale ed il danno morale. Per la precisione:
il danno biologico riguarda l’integrità fisica o psichica. Tizio che si rompe una gamba subisce una lesione al proprio corpo, quindi un danno biologico, così come Mevia che si frattura un braccio e non può più giocare a tennis; il danno esistenziale riguarda il nostro modo di vivere, le nostre aspettative, la nostra personalità. Se una persona sa di essere diventata disabile a seguito di un incidente e questo pensiero si ripercuote giorno dopo giorno tanto da avere difficoltà nelle faccende quotidiane, egli ha subito un danno esistenziale; il danno morale è afferente alla sfera sentimentale, e si traduce in uno stato di turbamento dovuto all’azione negativa di una persona. Il giocatore di basket che non riesce più ad essere tra i migliori della squadra dopo aver subito un infortunio può essere tradotto in danno morale.
Quali sono le leggi che regolano il risarcimento per incidente Non esiste una sola legge che possa dirci come, quando e quanto è possibile ottenere il risarcimento, nè possiamo fare affidamento ad una normativa che ci spiega come calcolare i danni. Di regola, quando il giudice deve stabilire l’ammontare di un risarcimento, prende in considerazione:
il tipo di lesione, il danno fisico subito, il diritto violato, le decisioni di altri giudici in riferimento a casi simili. Negli esempi riportati abbiamo dimostrato che, in alcuni contesti, il diritto violato è quello della salute (una persona che non può più fare sport perde la possibilità di mantenersi in salute), in altri il riferimento è ad un contratto di lavoro (lo sportivo professionista che non può più giocare nella sua squadra), in altri ancora il diritto di potersi sviluppare come persona e di poter fare nuove amicizie (il ragazzo che faceva del ballo un’alternativa all’isolamento sociale). Ragion per cui è possibile affermare che chi pratica sport, che sia a livello professionale o dilettantistico, per svago o divertimento, può ottenere un risarcimento da incidente maggiore rispetto a chi non si applica in nessuna disciplina. Ciò non vuol dire che se Tizio rimane a casa per un mese dopo un tamponamento prende meno soldi di Caio che lavora come allenatore di calcio, solo che la valutazione dei danni di Tizio verterà su fattori diversi.
Le norme su cui ruota la decisione del giudice sono diverse ma ne spicca una su tutte: il risarcimento per fatto illecito. La legge dice che qualunque evento, a prescindere se esso sia fatto volontariamente, comporta il riconoscimento di un risarcimento danni se ne deriva una lesione ingiusta. E la perdita di opportunità è da considerarsi un danno ingiusto strettamente correlato al comportamento di una persona. Questo comportamento potrebbe essere la violazione delle norme del Codice della Strada, un atteggiamento negligente verso cose o persone di cui ne abbiamo la responsabilità. Un atleta che si fa male giocando su di un campo non adeguatamente pavimentato può ottenere il risarcimento danni. Non è necessario che l’evento subito dalla vittima accada in un contesto sportivo (sala da ballo, vasca da piscina, ecc.), quello che importa è che la lesione abbia esito negativo sul diritto della persona di praticare sport. A maggior ragione se quell’attività sportiva rispecchia le aspettative e le ambizioni della vittima. Ma cosa significa che il giudice valuta in maniera equitativa il danno? La risposta è semplice perché ogni qualvolta è impossibile dare un valore economico esatto (al 100%) della lesione subita, il giudice stabilisce una certa somma il cui ammontare dovrebbe ristorare la vittima dell’incidente.
Nella storia del diritto sportivo spicca un caso, noto sia per la tragedia che ha colpito familiari e tifosi, sia per le ripercussioni legali che si sono avute nel corso del tempo. Il fatto in questione riguarda il disastro di Superga dove, in un incidente aereo, persero la vita i calciatori del Gran Torino. L’associazione calcistica torinese chiese al giudice il risarcimento danni da attribuire alla compagnia di volo proprietaria dell’aereo che aveva causato la tragedia: la motivazione era la perdita di introiti futuri per via della morte di un’intera squadra di calcio. Il giudice rigettò le pretese dell’associazione sportiva, assurgendo il principio secondo cui il diritto reale al risarcimento danni non è immediato nei confronti delle società che reclutano gli atleti. In altri termini, per quanto possa rinvenirsi una lesione patrimoniale (un’associazione calcistica investe molti soldi per i propri iscritti), essa non può essere valutata in maniera diretta se dall’incidente deriva la morte della persona. Ciò in quanto ad emergere è proprio il diritto alla persona, e non può essere riconosciuta a nessuna società sportiva il diritto a che i propri atleti rimangano in vita. Questo ci fa capire che, in caso di qualsiasi incidente che vede come vittima chi pratica sport, se costui perde le abilità per proseguire con la sua attività non sempre alle società sportive viene riconosciuto un danno da cui potrebbe derivare l’eventuale risarcimento. Il risarcimento spetta, in via di principio, proprio allo sportivo.