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E' lecito filmare le autorità?


C’è violazione della privacy nel riprendere un poliziotto nel corso di un accertamento amministrativo nei confronti di un cittadino avvenuto in un luogo pubblico?

La tutela della privacy copre anche il lavoro dei dipendenti statali? Secondo l’avvocato generale non si possono riprendere i pubblici dipendenti mentre lavorano. I funzionari dello Stato, nello svolgimento delle mansioni che ricoprono, hanno diritto a veder protette e riservate le proprie attività, lo svolgimento delle quali deve quindi ritenersi coperto da privacy.

Una eccessiva esposizione a una platea ampia potrebbe, del resto, ostacolare l’esercizio di funzioni delicate come, appunto, i controlli della polizia.

E ciò vale anche quando le informazioni pubblicate non sono sensibili (ossia non si viene a sapere dei nomi degli agenti) o quando le persone interessate stanno subendo un abuso. È del resto la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo a tutelare la privacy nella vita lavorativa.

Poiché caricare su internet informazioni personali è un trattamento di dati altrui e quindi richiede il consenso degli interessati, non si può pubblicare su internet un interrogatorio della polizia o di qualsiasi altra forza dell’ordine. Senza dimenticare che, con l’approvazione del nuovo regolamento europeo sulla privacy (GDPR), le regole sono diventate più rigide e le sanzioni più severe.

Privacy sulle operazioni della polizia Secondo l’avvocato generale della Corte Europea, solo una norma interna dello Stato Membro, che deroghi alla disciplina comunitaria, potrebbe consentire una tale invasione della privacy di chi svolge pubbliche funzioni nell’esercizio delle stesse.

Deroga che, allo stato attuale, è prevista solo per le funzioni giornalistiche e tale non è certo quella dell’utente di un social network che vuol pubblicamente denunciare l’operato della polizia. Pertanto, in assenza di diverse disposizioni, la ripresa e la registrazione di funzionari pubblici nell’esercizio delle loro funzioni presso il luogo di lavoro e la successiva pubblicazione della registrazione video su internet costituisce un trattamento di dati personali che è considerato vietato e, quindi, illecito penale.

L’avvocato generale però apre ad alcune eccezioni. Egli sostiene infatti che, nel caso di specie, non si può invocare la scriminante del diritto all’informazione del giornalista atteso che i dati sono stati raccolti, trattati e divulgati in assenza del dovuto consenso informato, l’autore non ha preso le dovute precauzioni per renderli anonimi (oscurare i volti, camuffare le voci etc.), manca un pubblico interesse né si evince una condotta realmente illecita della polizia. Da ciò sembrerebbe potersi dedurre che la pubblicazione dell’interrogatorio sarebbe lecita se ricorra una delle predette condizioni ossia se:

gli agenti hanno dato il loro consenso ad essere ripresi, o se, in assenza di consenso, ne sono stati oscurati i volti, le voci e i dati personali, o se si è trattato di un abuso realmente grave da diventare di pubblico interesse per la collettività.

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