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Guasto meccanico a causa del carburante scadente


Carburante sporco danneggia il motore: che fare?

Come ottenere il risarcimento nel caso di benzina o gasolio sporco, con acqua o altre impurità: quando al rifornimento ti truffano e il motore si rovina.

C’è chi è distratto e usa l’erogatore sbagliato e chi, invece, viene truffato dal gestore della pompa di benzina che usa un carburante sporco. In entrambi i casi il motore potrebbe risultare compromesso, ma se nella prima ipotesi l’automobilista non può che prendersela con se stesso, nella seconda invece ha qualche chance di ottenere il risarcimento. Ma come? Che fare se il carburante sporco danneggia il motore? Di tanto parleremo in questo articolo: un argomento tipicamente estivo visto che, con gli spostamenti dei turisti, sono più frequenti le truffe di questo tipo. La ragione è facilmente intuibile: si tratta per lo più di un traffico “di passaggio” che con riluttanza andrà a fare una contestazione al benzinaio nel corso delle proprie ferie o, peggio ancora, una volta tornati in città, a decine – se non centinaia – di chilometri di distanza. Il gioco, insomma, non sempre può valere la candela.

In ogni caso, chi vuol conoscere i propri diritti e tentare la carta del risarcimento del danno, troverà utili le seguenti informazioni. Anche perché è inverosimile pagare un avvocato per essere assistiti in una contestazione di poche centinaia di euro.

Le ragioni per cui un carburante può danneggiare il motore – oltre ai classici casi di chi usa l’erogatore sbagliato – possono consistere nella presenza di impurità nel combustibile oppure di acqua. Le denunce sono aumentate anche a causa dell’aumento dei prezzi che hanno ridotto i margini di guadagno dei gestori i quali, se non colpevoli di vere e proprie truffe, tendono spesso a risparmiare sui costi di manutenzione degli impianti. Risultato: le cisterne si riempiono di residui che poi vanno a finire all’interno dei serbatoi delle nostre auto. Ecco perché, a volte, anche dopo il pieno, l’automobile “scoppietta” o il motore, d’un tratto, perde potenza.

Naturalmente, per ottenere il risarcimento bisogna dimostrare la responsabilità del gestore dell’impianto. Cosa tutt’altro che facile per due ragioni: la prima perché non sempre le cause del guasto possono essere definite con certezza; la seconda perché, quand’anche tali circostanze fossero certe, sarebbe difficile risalire a qual è stata la pompa di benzina responsabile. Non in ultimo, c’è anche il fatto che, quando si paga il benzinaio, non si riceve alcuna ricevuta, scontrino o fattura; per cui l’unico modo per dimostrare di essersi riforniti ad una stazione di servizio è la prova testimoniale (salvo per chi paga con carta di credito o bancomat).

Se il carburante sporco danneggia il motore (perché inidoneo o impuro), la prima cosa da fare è farsi rilasciare una dichiarazione scritta dell’officina che ha riparato il mezzo o una specifica attestazione emessa da un centro di analisi specializzato. Il che richiederà anche l’emissione di una fattura per l’intervento (e ben si sa come spesso i piccoli artigiani siano riluttanti agli adempimenti fiscali, salvo aumentare il prezzo considerevolmente). Il semplice preventivo non ha valore legale di sostenimento della spesa e potrebbe essere facilmente contestato. La fattura è essenziale per dimostrare la spesa effettuata.

Dimostrato il danno e l’entità, dobbiamo dare prova del cosiddetto “rapporto di causa-effetto” (o “di causalità” come lo chiamano gli avvocati): bisogna cioè dimostrare che a danneggiare il motore è stato proprio il carburante di uno specifico distributore. Come abbiamo appena anticipato si tratta della prova più difficile poiché spesso gli effetti di un carburante “sporco” o “annacquato” si manifestano dopo diversi chilometri e non sempre si conserva memoria di quelle che sono state le soste al rifornimento.

Con le prove in mano, l’automobilista dovrà procurarsi il nome dell’azienda che gestisce la pompa di benzina. Ed anche questo passaggio potrebbe non essere semplice. Magari ci si potrà far emettere uno scontrino dal ricevitore automatico oppure chiederlo all’addetto al rifornimento. Con questi dati si deve inviare una lettera di diffida con la richiesta di risarcimento del danno.

La diffida va inviata entro massimo due mesi dalla scoperta del danno, pena la perdita della garanzia: tale è la decadenza per l’acquisto di beni da parte dei consumatori. Se però l’automobilista ha pagato con carta e si è fatto scaricare il costo con le “schede carburante” perché azienda o professionista, il termine per la contestazione è di otto giorni.

Il gestore dell’impianto dovrà provare l’assenza di una colpa a lui imputabile, invocando, ad esempio, la sussistenza di cause fortuite o di forza maggiore oppure la responsabilità di terzi estranei nella causazione del danno. La giurisprudenza ha comunque attribuito una sorta di “presunzione di colpa” in capo al titolare del rifornimento su cui incombe l’obbligo contrattuale di fornire carburante privo di impurità o sostanze estranee.

Ciò che, di fatto, viene imputato a carico dei gestori è la tipica responsabilità che il legislatore pone in capo ai venditori di beni di consumo, i quali sono tenuti a consegnare al consumatore dei beni che siano «conformi» al contratto di vendita.

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