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E' SUFFICIENTE LA FATTURA PER OTTENERE IL RISARCIMENTO?


Laddove non accompagnata da una quietanza o da un’accettazione, la fattura non costituisce di per sé una prova del danno subito.

Per poter chiedere un risarcimento del danno è necessario, nel nostro sistema processuale, dimostrare non solo la condotta illecita della controparte ma anche l’esistenza e entità del danno. Sono rarissimi i casi in cui il danno si presume già solo per il fatto che c’è stato un comportamento contrario alla legge (ad esempio, dal rumore fatto dal vicino durante la notte si può desumere un danno alla salute visto che è implicito che il «non riposare» comporta una lesione alla salute e alla qualità di vita). Nel caso di incidenti stradali si segue dunque questa regola: il proprietario dell’auto che vuol farsi risarcire dall’assicurazione le spese per la riparazione della macchina deve dimostrare l’entità del danno e la spesa sostenuta. Molto spesso, però, gli automobilisti sono soliti presentare, alla compagnia di assicurazione, la semplice fattura del carrozziere, spesso emessa da quest’ultimo, con compiacenza, prima ancora dell’intervento onde agevolare una più pronta liquidazione del sinistro e poi, coi soldi, procedere alla effettiva riparazione. È lecita questa pratica? La questione è approdata sul banco della Cassazione alla quale è stato chiesto se, per ottenere il risarcimento dei danni basta la fattura del carrozziere. La risposta dei giudici supremi è stata particolarmente rigorosa.

Partiamo da un concetto che, per quanto banale, servirà per comprendere la soluzione al problema. Il danno che subisce l’automobilista a seguito di incidente stradale non è tanto la fiancata rientrata, il parafango caduto o il cofano ammaccato; questo è solo l’aspetto immediato del danno. Il danno vero e proprio è la perdita economica che consegue alla diminuzione di valore dell’auto o alla spesa necessaria alla riparazione.

Ebbene, secondo la Cassazione, non basta una semplice fattura per ottenere il risarcimento dei danni ossia il rimborso dei soldi pagati all’officina. Non almeno se la fattura non è accompagnata da una quietanza del carrozziere con cui questi certifica che il pagamento è stato effettivamente eseguito. Questo perché l’emissione della fattura non serve a garantire che c’è stato un esborso monetario da parte del proprietario dell’auto e, quindi, un danno. La fattura è un semplice documento fiscale che non ha alcun valore certificatorio del pagamento.

Per la stessa ragione i giudici hanno in passato escluso che il preventivo del carrozziere possa essere sufficiente per dimostrare l’esistenza del danno e, quindi, l’esborso dell’automobilista. Come con la fattura non quietanzata, anche con il preventivo l’assicurazione non è tenuta a rimborsare i costi per il ripristino del veicolo incidentale.

Questo non significa, però, che senza la prova dell’effettivo pagamento il danneggiato non possa essere risarcito; significa soltanto che l’entità di tale indennizzo sarà un importo inferiore, quello cioè pari alla diminuzione di valore del mezzo e non invece la cifra corrisposta al carrozziere. Quindi, viene esclusa la manodopera e tutte le altre voci in fattura come le spese per la sostituzione dei pezzi rotti. Insomma, il risarcimento si riduce notevolmente.

Ma se è vero che, per il risarcimento danni non basta la fattura del carrozziere, cosa bisogna procurarsi per ottenere l’integrale indennizzo? La Cassazione dà un suggerimento molto agevole: fermo restando che si potrebbe sempre dimostrare il pagamento con la copia dell’assegno o con l’estratto conto da cui risulta il bonifico fatto, è anche – e molto più facilmente – possibile farsi «quietanzare» la fattura. In altri termini il carrozziere dovrà scrivere sulla fattura «pagata» come normalmente si usa fare in questi casi. Solo una dichiarazione del genere dimostrerebbe – a detta dei giudici della Cassazione – che c’è stato un effettivo esborso da parte del proprietario dell’auto.

È però naturale che il meccanico compiacente, che ha emesso la fattura solo per assicurare al proprio cliente un più celere recupero del credito dall’assicurazione, si guarderà bene dall’emettere una quietanza senza aver ancora “visto un euro”, visto che – in caso di successiva contestazione – questi difficilmente riuscirebbe a ottenere i soldi e dimostrare di non essere stato pagato. Peraltro, a volte tenere una contabilità ordinata, si deve considerare anche che la fattura va portata al commercialista, va registrata e quindi vanno pagate le tasse. Qual è la conseguenza? Che se l’assicurazione, per una ragione o per un’altra, dovesse poi negare il risarcimento all’automobilista, il carrozziere resterebbe fregato.

La Cassazione, comunque, non ha dubbi al riguardo e richiama il principio secondo cui la fattura non costituisce di per sé una prova del danno, soprattutto laddove non sia accompagnata da una quietanza o da un’accettazione.

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