Una multa per aver lasciato l’auto sulle strisce blu, ossia l’area di sosta a pagamento, senza regolarizzare il pagamento del ticket può essere contestata in diversi modi spiega Infortunistica Consulting di Rovigo: numerose, infatti, sono le sentenze che, sino ad oggi, hanno dato ragione agli automobilisti. Cercheremo, in questa rapida scheda, di elencarle sinteticamente, rinviando per gli approfondimenti ai link contenuti nel testo dell’articolo. Aree di sosta a pagamento e gratis da alternare
La giurisprudenza ritiene che le aree di sosta a pagamento, delineate cioè dalle strisce blu, sono legittime solo se vi siano, nelle vicinanze (ma non viene precisato “quanto” vicino debbano essere) aree invece gratuite, delineate cioè dalle strisce bianche. Per difendersi dall’eventuale multa, l’automobilista può: fotografare le zone limitrofe a quella in cui l’auto è stata parcheggiata e dimostrare al giudice di pace che tutta la zona prevede spazi di sosta a pagamento (non solo il lato opposto della strada, ma anche le vie adiacenti); chiedere al Comune la mappa della città ove figuri la ripartizione tra strisce bianche e strisce blu e provare che non vi è un’equa distribuzione degli spazi, con maggiore prevalenza di quelli a pagamento.
Infortunistica Consulting invita a fare Attenzione però: quest’obbligo di alternanza tra strisce blu e strisce bianche non vale nelle zone di valore storico o di particolare pregio ambientale, ove è possibile istituire solo aree con strisce blu. In tale ultimo caso, tuttavia, l’automobilista può difendersi: chiedendo, innanzi al giudice di Pace, che il Comune depositi l’originale della delibera con cui tale zona cittadina è stata dichiarata di valore storico o ambientale (cosiddetta Zru, ossia zona a rilevanza urbanistica); se il Comune deposita tale delibera, il cittadino può sempre dimostrare che l’area urbana non ha, in realtà, le caratteristiche richieste alle Zru (valore storico, artistico o ambientale) e che, pertanto, la delibera è stata adottata solo per fare cassa. Sintetizzando, spiegano in Infortunistica Consulting ,l’onere della prova in una eventuale causa davanti al giudice di Pace sarà così ripartito: all’automobilista spetta dimostrare che la zona non presenta aree di sosta gratuite o che queste ultime sono nettamente inferiori a quelle a pagamento; al Comune spetta dimostrare il contrario ossia la presenza di strisce bianche nei paraggi, oppure che l’area è stata dichiarata di particolare valore storico o pregio ambientale (Zru); tale prova non potrà essere fornita con una semplice dichiarazione, ma andrà depositato l’originale della relativa delibera comunale; se il Comune deposita la delibera con la dichiarazione di Zru, il cittadino può comunque dimostrare che l’area cittadina non presenta le caratteristiche proprie di tali spazi e che la delibera è puramente formale.
Se scade l’orario sul ticket la multa è nulla
Il secondo aspetto su cui si è soffermata Infortunistica Consulting è quello della nullità delle multe per sforamento dell’orario indicato sul ticket. Secondo quanto anche ammesso dal Ministero dei trasporti, non esiste una norma del codice stradale che vieti di rimanere sulle strisce blu anche dopo la scadenza del ticket. Pertanto le multe non possono essere elevate, ma tutt’al più si può intentare una causa civile per recuperare il credito pari all’importo non pagato (pochi centesimi). Di tanto abbiamo parlato approfonditamente nell’articolo “Strisce blu: scaduto l’orario del ticket non c’è multa”. Il ministero ha chiarito che le multe per sosta oltre l’orario del ticket possono essere valide solo se il Comune ha emesso un regolamento con cui ha disciplinato l’utilizzo delle aree a pagamento, così andando a colmare la lacuna normativa del codice della strada. Per difendersi dall’eventuale multa, l’automobilista può: verificare se il proprio Comune ha adottato una delibera per regolamentare le aree con le strisce blu e il pagamento del ticket; se il Comune non risponde o non ha provveduto a quanto sopra, impugnare la multa davanti al giudice di Pace e chiedere che venga annullata per inesistenza della relativa contravvenzione. Se il ticket non è esposto sul parabrezza dell’auto
La legge non dice che il ticket debba essere esposto necessariamente sul parabrezza dell’auto, ma in modo ben visibile. Quindi ben potrebbe essere posto sul sedile dell’auto del conducente o su quello del passeggero, purché da fuori il finestrino il verbalizzante possa controllarlo e distinguere le varie cifre in esso riportate (orario di ingresso della sosta, orario di scadenza, ecc.).
Se il vigile dovesse elevare la multa perché sostiene di non aver visto il ticket, l’automobilista si può difendere solo: impugnando la multa e, nello stesso tempo, avviando un procedimento apposito di contestazione della dichiarazione del pubblico ufficiale (cosiddetta querela di falso), volto a dimostrare che il ticket era invece ben esposto e che, probabilmente, il verbalizzante non vi ha prestato la dovuta attenzione. Altro approfondimento di Infortunistica Consulting, se la multa è elevata dall’ausiliario del traffico
La Cassazione ha detto che la multa elevata dall’ausiliario del traffico sulle strisce blu è valida solo se quest’ultimo è “abilitato”: è necessaria quindi una valida nomina e la delibera apposita dell’ente locale. Così come, nel caso di gestione in appalto a ditta esterna, è necessario che tale convenzione non sia scaduta. L’automobilista, in questo caso, si può difendere chiedendo al Comune di esibire, davanti al giudice, la delibera che ha nominato o assunto l’ausiliare del traffico e che detta delibera ne delimiti concretamente i poteri; oppure chiedendo di mostrare la convenzione che lega il Comune al gestore degli spazi a pagamento, per dar prova che essa non sia scaduta. http://www.infortunisticaconsulting.com/