
Danno patrimoniale e non patrimoniale, alla salute e alla sofferenza psichica: le tabelle sul risarcimento e la motivazione in caso di disapplicazione da parte del giudice. In caso di un incidente (sul lavoro, da sinistro stradale, ecc.) che dia diritto all’infortunato al risarcimento, si tende a richiedere il ristoro per qualsiasi danno da questi subìto. E così, nel calderone, si inseriscono sempre, oltre al danno economico, anche quello morale, biologico ed esistenziale. Tuttavia, la giurisprudenza ha fissato dei paletti ben precisi per ognuna di queste categorie che rispondono ad altrettante definizioni differenti. Cerchiamo quindi di fare il punto della situazione. Danno biologico: è il danno alla salute e all’integrità fisica e psichica riportato da una persona in conseguenza di un fatto illecito altrui (doloso o colposo che sia). Si pensi al danno derivante dalla perdita di mobilità di un arto. Si distingue dal danno patrimoniale e dal danno morale (coincidente con il dolore subito) e viene liquidato dai giudici secondo equità, caso per caso. Il danno biologico, quale lesione dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, consiste nelle ripercussioni negative che dalla lesione della salute derivano alla complessiva qualità della vita del soggetto offeso, e deve essere riconosciuto a prescindere dalle conseguenze lesive che incidono direttamente sulla efficienza lavorativa del soggetto leso e sulla sua capacità di produrre reddito. Danno morale: coincide con il dolore e con le sofferenze subite da una persona in conseguenza del fatto illecito altrui (doloso o colposo che sia). È dovuto solo in conseguenza di comportamenti (anche non volontari) costituenti reato, come ad esempio nel caso del delitto di lesioni colpose. È la sofferenza psicologica che il danneggiato è costretto a patire in conseguenza del fatto illecito: esso consiste nel cosiddetto patema d’animo. Si parla in questi casi di danno morale soggettivo, che per l’appunto coincide con una sofferenza di natura transeunte, quale turbamento subito sia al momento dell’incidente che in occasione delle cure e della convalescenza dalla malattia ma che poi è destinato a passare. Tale pregiudizio va riconosciuto indipendentemente dall’ipotesi in cui il soggetto leso abbia anche subito un danno biologico di natura psichica. Il danno morale, quindi, riguardando la lesione della integralità morale della persona umana, è ontologicamente autonomo rispetto al danno biologico. Danno esistenziale: è lo sconvolgimento nella vita quotidiana determinato dal fatto illecito altrui. Si pensi al caso in cui un soggetto, dopo un incidente, abbia riportato delle gravi ustioni in volto che ne abbiano compromesso irrimediabilmente l’aspetto. In pratica è il danno che consegne all’alterazione della personalità del danneggiato e del suo modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della vita comune di relazione, sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare, tale da imporgli (in modo conscio o inconscio) scelte di vita diverse. Oltre a questi c’è poi il danno patrimoniale consistente nel danno emergente (le spese sostenute per le cure, ecc.) e nel lucro cessante (la riduzione della capacità lavorativa, la perdita di chance di guadagno, ecc.). La tesi della giurisprudenza La giurisprudenza ha dimostrato, in questi anni, di non amare la frammentazione delle voci di danno, per evitare inutili duplicazioni di risarcimento: come dire che si tratta, spesso, di sottigliezze linguistiche, ma non coincidenti con la realtà dei fatti. Così non poche volte i giudici sono soliti risarcire un’unica voce di danno non patrimoniale (oltre a quello, ovviamente, patrimoniale). Quest’unica voce è, di norma, il danno biologico, cui si riconosce ormai una portata tendenzialmente onnicomprensiva. Capita così spesso che la liquidazione del danno biologico contenga e assorba in sé anche il danno morale, ossia quello per la sofferenza interiore patita dalla vittima del sinistro (i patemi d’animo). Ma non è detto, tuttavia, che il danno biologico ricopra anche il risarcimento per le conseguenze relazionali dell’incidente (danno esistenziale), come il radicale cambiamento di vita cui è costretto il danneggiato e l’alterazione della sua personalità. Potrebbe infatti accadere che, il danno esistenziale vada comunque liquidato autonomamente dal danno biologico. Spetta allora al giudice valutare caso per caso ed, eventualmente, “personalizzare” in modo adeguato il risarcimento: la duplicazione dell’indennizzo, infatti, si verifica soltanto quando è liquidata due volte la stessa voce, sia pure sotto nomi diversi. A dirlo è una sentenza della Cassazione di poche ore fa . La Corte ricorda anche che, sebbene nella gran parte dei casi il ristoro venga quantificato, in tutta Italia, sulla scorta delle tabelle del danno biologico fissate dal tribunale di Milano, questo non vuol dire che il risarcimento non possa essere determinato – eccezionalmente – secondo altri criteri “ad personam”; tuttavia, in tali casi il giudice che non le applica, deve sempre spiegare il perché. E questo anche per evitare disparità di trattamento nei diversi contesti territoriali. - See more at: http://www.infortunisticaconsulting.com