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Chiamate e messaggi a raffica sul cellulare: è stalking

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Sms sul telefonino e squilli in continuazione: evidenti le molestie e la persecuzione ai danni dell’ex.

Un anno e tre mesi di detenzione: a tanto ammonta la punizione per lo stalking compiuto ai danni dell’ex moglie da parte di un uomo per averla ossessionata con continue telefonate e sms.

Quando il comportamento persecutorio nei confronti della vittima determina, ai danni di quest’ultima, un fortissimo turbamento a livello emotivo, per via del pressing telefonico, inteso anche come intimidatorio e pericoloso non solo per sé ma anche per le persone a lei vicine (per esempio, i figli e il nuovo partner), scatta la condanna penale.

A ricordarlo, ancora una volta, è la Cassazione con una sentenza di questa mattina.

Non interessa il contenuto delle telefonate, se pacifico o intimidatorio, se rivolto a ottenere un riavvicinamento o meno. È il fatto stesso della ripetuta molestia, ossia il comportamento ossessivo, a integrare il reato. Anche il semplice chiedere “scusa” o una seconda opportunità può far scattare la condanna per stalking.

In verità, secondo la giurisprudenza, non rileva tanto la ripetizione dei comportamenti incriminati: anche pochi episodi, purché “martellanti”, possono essere sufficienti a integrare il reato. Tanto più quando si tratta di telefonate e messaggi, i cui tabulati sono facilmente recuperabili o anche attraverso servizi di registrazione come Whooming.

Ciò che rileva è soprattutto l’effetto destabilizzante della pressione psicologica compiuta dal molestatore sull’equilibrio psichico della vittima, testimoniato dal timore, da parte di quest’ultima, per l’incolumità propria e per le persone a lei legate, come, ad esempio, l’attuale compagno.

In questi casi, oltre alla querela presso la Procura della Repubblica o i Carabinieri, potrebbe costituire una valida e più immediata alternativa la richiesta di ammonimento del Questore (leggi l’approfondimento: “Stalking: l’ammonimento del Questore come via alternativa alla querela”).

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 settembre 2014 – 4 febbraio 2015, n. 5316

Presidente Marasca – Relatore Bevere

Fatto e diritto

Con sentenza 15.11.2013, la corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza emessa ex art. 438 c.p.p. il 27.3.2013 dal tribunale di Foggia, sezione di Trinitapoli , ha assolto V.R. dal reato di incendio doloso dell’auto di proprietà della moglie separata P.O. per non aver commesso il fatto e ha rideterminato nella misura di un anno e tre mesi di reclusione la pena inflitta per il reato di atti persecutori in danno della predetta.

Nell’interesse del V. è stato presentato ricorso per i seguenti motivi

1. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’art. 612 bis c.p. : l’esame delle telefonate e dei messaggi inviati attraverso il telefono cellulare non hanno contenuto minaccioso e quindi non hanno la potenzialità di porre la persona offesa in stato d’ansia o di paura . La reiterazione di queste comunicazioni costituisce di per sé elemento costitutivo non esclusivamente del delitto di cui all’art. 612 bis c.p. , ma anche della contravvenzione ex art. 660 c.p.. Sotto questo profilo, la corte ha errato laddove ha affermato che le ripetute telefonate e i ripetuti messaggi costituiscono elemento fondante del delitto contestato, senza aver esaminato la loro potenzialità offensiva nel senso voluto dalla norma ex art. 612 bis c.p.;

2. vizio di motivazione in riferimento al travisamento del contenuto delle dichiarazioni della P. e del sua compagno Rinaldi , avendo attribuito a costoro atteggiamenti dettati dal timore, mentre tali dichiarazioni dimostrano che erano essi ad aver agito nei confronti dell’imputato . L’illogicità della motivazione emerge anche dalla interpretazione del fatto che alcune telefonate minacciose risultano essere state effettuate con un telefono che era nella disponibilità della figlia della persona offesa . Questo dato logicamente interpretato fa venir meno l’attendibilità delle dichiarazioni della P. e della figlia.

Il ricorso è inammissibile.

I motivi sono manifestamente infondati, in quanto propongono,in chiave critica, valutazioni fattuali, sprovviste di specifici e persuasivi addentellati storici, nonché prive di qualsiasi coerenza logica, idonea a soverchiante e a infrangere la lineare razionalità , che ha guidato le conclusioni della corte di merito.

Con esse,in realtà , il ricorrente pretende la rilettura del quadro probatorio e, contestualmente , il sostanziale riesame nel merito. Questa pretesa è tanto più inammissibile nel caso in esame

la struttura razionale della motivazione sulla responsabilità in ordine al delitto di atti persecutori – facendo proprie e integrando le analisi fattuali e le valutazioni logico-giuridiche della sentenza di primo grado – ha determinato un organico e inscindibile accertamento giudiziale , avente una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa, che è saldamente ancorata ai risultati dell’istruttoria dibattimentale alla luce dei quali è emerso che

1. nell’arco di tempo, compreso tra il 19 gennaio e il 19 ottobre 2012 , la donna è stata investita da una serie di telefonate, e di messaggi telefonici provenienti dal marito separato V.R., accompagnati da appostamenti presso l’abitazione e il luogo di lavoro;

2. il contenuto di tali messaggi è stato razionalmente e insindacabilmente ritenuto dai giudici di merito ingiurioso e intimidatorio , a danno della persona offesa e dell’attuale compagno Rinaldi Antonio;

3. questi dati provenienti prevalentemente dalle dichiarazioni della P., sono stati sottoposti ad attenta analisi da parte dei giudici di merito che ne hanno posto in rilievo la coerenza logica, la precisione, unitamente alla assenza di convincenti smentite;

4. quanto alla provenienza di alcune telefonate da un’utenza intestata all’imputato , ma nella disponibilità della figlia della donna, a nome S., la corte di merito ha razionalmente rilevato che, a prescindere della titolarità dell’utenza , riferibile all’imputato, e dalla naturale possibilità che sia stata utilizzata anche da costui, i tabulati hanno dimostrato che dalle utenze sicuramente in uso esclusivo del V. sono partite -in un ristretto arco di tempo – 75 chiamate sulle due utenze della persona offesa e 14 su un’altra utenza della donna;

5. l’effetto destabilizzante di queste condotte sull’equilibrio psichico della donna, il timore per l’incolumità propria e per le persone a lei legate , la loro incidenza negativa sulle sue scelte di vita sono stati rilevati dai giudici di merito , con argomentazioni perfettamente fedeli alle risultanze processuali e alla loro razionale interpretazione ( il V. , aveva ostacolato,dopo la separazione nuove relazioni sentimentali della donna; D.F.G., aveva interrotto il rapporto con la P. a causa delle intimidazioni del V.; lo stesso imputato ha ammesso di aver fermato il Rinaldi e di avergli preannunciato “una brutta fine”; a causa dell’ossessiva presenza del V. nei pressi dell’abitazione , la P. aveva proibito alle figlie di affacciarsi alla finestra);

Deve quindi ritenersi pienamente fondata probatoriamente e razionalmente la conclusione dei giudici di merito: il V.- già condannato per condotte analoghe- ha commesso in un arco di tempo caratterizzato da particolare pressione psicologica, una serie di comportamenti proiettati a polemizzare sul rapporto cessato e a convincere la donna a una riapertura del dialogo, in vista della ripresa della relazione. In questo quadro di aggressività dal molteplice profilo in danno della donna, si è inserito un correlato comportamento percepito correttamente come intimidatorio nei confronti delle figlie e del compagno della persona offesa .

Le conclusioni dei giudici di merito sulla sussistenza di un atteggiamento persecutorio in danno della P. sono quindi pienamente conformi alle risultanze delle indagini e alla loro razionale interpretazione.

L’evento scaturito da questo piano di violenza materiale e psicologica è costituito naturalmente da un stato turbamento psicologico della donna,derivante non da un singolo fattore di stimolo ansiogeno, ma da una serie di comportamenti persecutori , che hanno evidentemente determinato una rottura nell’equilibrio emotivo della donna che si è espressa in un crescendo, di tensione,preoccupazione, nervosismo, paura, di grave spessore e perdurante nel tempo , data la stabilità dell’atteggiamento intimidatorio rancoroso e vendicativo dell’uomo . Questo perdurante stato di turbamento emotivo è stato ragionevolmente ritenuto idoneo a essere inquadrato nell’evento di cui all’art. 612 bis c.p

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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